A che serve ridurre il costo del lavoro?

Ho sentito stasera l’intervista del Pres. Letta da Fabio Fazio. Ho letto l’articolo di Francesco Forte su Il Giornale di oggi (stimolato dalla lettura della critica su Phastidio).

La connessione diretta tra la riduzione del costo del lavoro e riduzione della disoccupazione, c’è solo se si ha in mente di far concorrenza sul costo del lavoro ai nuovi stati membri dell’Unione Europea. Altro che declino.

Confrontati con le altre economie avanzate della EU il nostro costo del lavoro è già basso [Dati Eurostat di Aprile qui]. Specialmente quello dei giovani.

Se vogliamo considerarci un grande paese, dobbiamo pensare che ridurre il cuneo fiscale – che è veramente alto – sia utile per lasciare più soldi ai lavoratori (e quindi farli spendere di più) ma non per far risparmiare le imprese sul costo del lavoro (perché assumano di più).

Il primo utile effetto sarà quindi dare più soldi a chi già lavora, non ridurre la disoccupazione. La riduzione della disoccupazione può essere un effetto importante ma letteralmente secondario, nel senso che se chi lavora spende di più, l’economia può tornare a crescere assorbendo parte degli inoccupati.

Continuare a legare la riduzione del costo del lavoro all’aumento dell’occupazione è una battaglia di retroguardia nel caso migliore, anche se la richiede Confindustria. Beh, però la presunta correlazione tra la riduzione dell’IMU e natalità è un esercizio di retorica impossibile.

 

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