Federico Cantini nel cantiere di San Sisto

Stamattina una rivelazione per me il cantiere archeologico di San Sisto, in centro a Pisa. Fondamentale per capire la Pisa dell’alto medioevo e dei periodi precedenti.

Il prof Federico Cantini la guida perfetta per farmi apprezzare il cantiere e l’importanza degli scavi archeologici:

Un’area in centro cittadino, perfettamente recintata, lasciata intonsa dal quattordicesimo secolo: una palestra fantastica per gli studenti e una fonte scoperte giornaliere impressionanti.

L’attrattività internazionale dell’Università di Pisa si gioca moltissimo sui punti di forza unici legati alla nostra storia e alla geografia del luogo: la cultura umanistica, l’archeologia, le arti, la storia, la letteratura, l’architettura.

Grande Federico!

#iannateam
#unipi2022

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SFIDE: Una politica per l’open science e i dati pubblici

La ricerca e l’insegnamento in un’università pubblica genera risultati e informazioni di cui deve beneficiare tutta la comunità.

Questo principio deve essere difeso quando l’Università si pone in relazione con committenti, partner e anche fornitori di servizi, specialmente nel caso di grandi imprese piattaforma per le quali la raccolta e l’analisi dei dati è un elemento importante di successo.

Dobbiamo agire in tre direzioni principali:

  1. Progressivamente tendere al 100% dei risultati diffusi in Open Access e come dati pubblici, seguendo e talvolta anticipando le richieste delle agenzie di finanziamento europee e nazionali (tranne le previste eccezioni di confidenzialità) e contenendo i costi.
  2. Mantenere il controllo dei nostri dati e dei nostri risultati attraverso la promozione di azioni di coordinamento con altre università in Europa per lo sviluppo di piattaforme aperte e condivise che ci dia indipendenza dalle imprese piattaforma e la garanzia di accesso alle elaborazioni sui nostri dati. Transizione graduale, decisa e coordinata.
  3. Svolgere un’azione di advocacy e sensibilizzazione sul tema in Italia e in Europa coordinandoci con altre università con simile sensibilità.

Per chi vuole saperne di più, sono posizioni espresse in parte dalla League of European Research Universities (LERU) e dall’Università di Amsterdam.

Qualche link:

https://www.leru.org/files/LERU-Data-Statement_12.2021.pdf

https://www.leru.org/files/Implementing-open-science.pdf

https://www.uva.nl/…/speech-karen-maex—dies-2021.pdf

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SFIDE: Un grande impianto fotovoltaico per la sostenibilità energetica dell’Università

L’Università di Pisa come esempio di sostenibilità, anche dal punto di vista energetico.

Proponiamo di lavorare per la realizzazione di un impianto fotovoltaico o agri-voltaico nei terreni dell’Università per soddisfare tutti i bisogni di energia elettrica dell’Ateneo.

Si può fare, seguitemi nel ragionamento:

L’Università di Pisa consuma in totale circa 26mila Megawattora (MWh) di energia elettrica all’anno, per una bolletta totale annua di circa 5 milioni di Euro (probabilmente le prossime saranno più alte).

Potremmo soddisfare tutto il fabbisogno con un impianto fotovoltaico da 20 Megawatt (MW), che richiede una superficie complessiva di 35-40 ettari e un investimento dell’ordine di 30 milioni di Euro.

L’Università ha alcune centinaia di ettari di terreno agricolo o di pascolo, anche in zone non pregiate (vicino all’aeroporto, all’autostrada), per cui possiamo trovare un terreno adatto.

Dobbiamo decidere se realizzare l’impianto come fotovoltaico classico o come “agri-fotovoltaico”, con i pannelli meno densi e più alti, in modo che sotto sia possibile sia la coltivazione sia il pascolo degli animali. La seconda soluzione occupa più spazio ma permette un doppio uso del terreno e consente qualche sperimentazione interessante.

Pensate ai benefici: Saremo un esempio di sostenibilità energetica per tutta la comunità, in un modo molto più efficace rispetto a mini-impianti fotovoltaici sui tetti, che comunque non possiamo mettere sui tanti edifici storici dell’Università in centro città.

Un impianto fuori città, in un’area di trascurabile impatto visivo, che può essere anche una palestra per la sperimentazione di tecniche agricole e di monitoraggio energetico, ci avvicinebbe molto a un impatto netto zero sul clima.

Il beneficio è alto anche dal punto di vista economico: l’investimento stesso è ora fortemente agevolato nell’ambito della transizione energetica e può essere recuperato rapidamente.

Pensate poi all’esempio di una comunità universitaria che si organizza in grande un risultato d’impatto che vada oltre le iniziative simboliche.

Forza!

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Grande università di ricerca in piccola città

Il modello della grande università di ricerca in una città medio-piccola funziona bene in molti casi in Europa e negli Stati Uniti.

Nella mappa ne sono segnate alcune in Europa in città di 100-200mila abitanti (tranne Bologna, che ha circa 400mila abitanti): Padova, Pisa, Losanna, Heidelberg, Aachen, Leuven, Delft, Leiden, Grenoble, Oxford, Cambridge.

Notate bene: la città medio-piccola è un fattore di debolezza, perché da sola non garantisce il bacino di studenti per giustificare una grande università, e perché i centri di decisione politica ed economica sono lontani.

L’Università di Pisa in questo modello può crescere ancora se fa due cose con attenzione maniacale:

1?? Evitare ogni tentazione provinciale. ?

2?? Ambire a essere un faro nel Paese per la formazione, la ricerca e la capacità di contribuire alla crescita economica e sociale

Così si possono attirare studenti, scienziati, studiosi e organizzazioni partner da tutto il Paese e sempre più dal mondo.

Forza! ?

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IRCCS AOU Pisana

L’area medica universitaria è impegnata sia nella formazione e nella ricerca, sia nell’assistenza sanitaria attraverso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana (AOUP) in convenzione con la Regione Toscana.

Ma è un equilibrio difficile e va ribilanciato, ormai da anni, dando forza all’esigenza primaria dell’Università di avere un’area medica forte nella ricerca e nella formazione specialistica e un ospedale di riferimento nazionale per un ampio spettro di cure.

A questo fine sarà fondamentale recuperare spazio “accademico” nel rapporto con l’AOUP, in termini di carico di lavoro, riduzione dei vincoli non necessari e della burocrazia difensiva, e in termini letterali nel progresso del piano edilizio del nuovo Santa Chiara. Potremo così meglio cogliere le occasioni del PNRR nell’area medica, in sinergia con i molti attori locali.

Soprattutto, dobbiamo avviare il percorso verso il riconoscimento dell’AOUP come Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) coinvolgendo la Regione Toscana, l’AOUP e tutta l’area medica dell’Università.

Ci sono 21 IRCCS pubblici in Italia (a Pisa già la Stella Maris e la Fondazione Monasterio sono IRCCS). Tra di esse, AOU Bologna ha avuto il riconoscimento nel novembre 2020, AOU San Martino di Genova ha avuto il rinnovo del riconoscimento nel 2021.

L’AOU Pisana può ottenere il riconoscimento come IRCCS Politematico, su discipline che possiamo determinare insieme sulla base degli standard.

Daremo un segnale forte, per tre ottimi motivi

  • Rendiamo esplicito l’interesse dell’Università di Pisa a rafforzare il carattere scientifico/accademico dell’AOUP e ad essere una struttura di rilievo internazionale dal punto di vista scientifico.
  • Ci consente di rafforzare la ricerca clinica e traslazionale con le risorse dedicate agli IRCCS da parte del Ministero della Salute
  • Il riconoscimento implica una dinamica a tre a cui partecipa anche il Ministero della salute (nomina del Direttore Scientifico), oltre alla Regione e all’Università.
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A Step towards a fully analog neural network in CMOS technology

Good step for us towards a fully analog neural network chip, using standard CMOS technology, while in parallel we explore the possibility of building them with 2D materials in the QUEFORMAL project.

Here, we experimentally demonstrated  the most important computational block of a deep neural network, the vector matrix multiplier, in standard CMOS technology with a high-density array of analog non-volatile memories, forcing the technology “out of its comfort zone” (and out of qualification).

Essentially, we used a transistor as a two-terminal analog non-volatile memory, leaving the gate floating. We were able to program and erase the memory with high accuracy via a program and verify scheme using a sequence of short pulses of increasing amplitude.

The circuit multiplies an array of input quantities (encoded in the time duration of a pulse) times a matrix of trained parameters (“weights”) encoded in the current of memories under bias. The output is converted in an array of voltages by an array of transresistive amplifiers.

The effective number of bits of the analog operation is 6, which is good enough to obtain high classification accuracy and correspond to a record energy efficiency of 100 Teraoperations per Joule.

A fully analog neural network will be able to bring cognitive capability on very small battery operated devices, such as drones, watches, glasses, industrial sensors, and so on.

This is a joint result by DII – University of Pisa and Quantavis.

Kudos to Tommaso Rizzo and Sebastiano Strangio.

Full paper here: https://ieeexplore.ieee.org/document/9767835

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A letter from Rolf Landauer

Rolf Landauer was and is a myth of my generation, a superb physicist that provided extremely important contributions to the theory of quantum transport and to the physical nature of computation. A towering figure for the depth of his insights and their impact on multiple fields. I happened to work in a field he had done some work in the 90s.

Once he scared me, almost.

I still remember the feeling when I received a parcel from him including some of his reprints and the sheet of paper in the photo: the xerox copy of the first page of the paper we had just published (my very first paper) with a half-page message from him.

Apparently, he had noticed our paper, and took the time to write me to say that he was upset because we had not adequately cited his work, therefore in exchange he felt free not to cite our work “until the end of the century”!

I was just starting the second year of my PhD, and did not know anything. On the one hand I was honoured he had noticed our work (I later learned that he read everything related to his field and often sent a feedback). On the other hand, I felt I had started with the wrong foot, upsetting a big name, plus I did not really know how to behave.

I did not reply. I continued to work. Luckily, the century was close to the end.

In fact, he cited some of our work in a Nature “News and Views” article of his in 1998, so he was probably joking, just to scare me. I now suspect many have a similar story about Rolf Landauer.

I have a copy of this sheet always in my backpack, as a lucky charm.

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Sfide: Aumentare risorse e rilevanza della ricerca

Abbiamo bisogno di mettere in moto un volano organizzativo che progressivamente aumenti la nostra capacità di raccogliere risorse e la qualità dei nostri risultati.

1: Fondamentali

È necessario porre l’aumento di risorse per la ricerca come un obiettivo di sistema di tutto l’ateneo, al di là dell’impegno dei singoli gruppi di ricerca. Prima rinforzando i fondamentali: continuare a sostenere la ricerca diffusa in Ateneo, non legata a progetti finanziati dall’esterno, supportare il potenziamento di infrastrutture e laboratori scientifici, perché da queste attività si sviluppano idee e capacità che potranno essere ampliate con risorse esterne, e ponendo una forte attenzione alla qualità del reclutamento e alla crescita dei talenti interni.

2: Aumentare la capacità di attrarre risorse.

È la fase più critica, e si basa su due elementi:

Da un lato, il rettore e la squadra di governo dell’Ateneo saranno impegnati in modo proattivo e diretto nella raccolta di risorse economiche per la ricerca, coinvolgendo i docenti per i rispettivi ambiti disciplinari, dialogando ai livelli decisionali con organizzazioni pubbliche e private nazionali e internazionali. Abbiamo tutti davanti l’esempio del PNRR per apprezzare quanto sia importante il coinvolgimento diretto della squadra di governo. Una squadra di governo coesa e ampia è necessaria proprio per consentire al rettore di rappresentare l’ateneo ai massimi livelli e con l’attenzione adeguata.

Dall’altro lato, dobbiamo realizzare azioni di formazione e di sostegno alla partecipazione ai programmi di ricerca competitivi, estendendo con decisione quanto fatto nella giusta direzione nell’ultimo mandato di governo. È importante aumentare l’efficacia e l’ampiezza delle misure, da un lato con un programma di formazione alla partecipazione ai bandi competitivi orientato soprattutto ai docenti più giovani, dall’altra con un maggiore sostegno organizzativo e amministrativo, per gli aspetti della partecipazione ai bandi competitivi che sono trasversali rispetto alle discipline.

In questo modo mobiliteremo la progettualità di ateneo puntando almeno a raddoppiare il numero di proposte di qualità presentate ogni anno nei bandi competitivi.

3. Aumentare le risorse raccolte

Il numero maggiore di proposte di qualità inviate e un maggiore coinvolgimento del governo dell’ateneo porterà a un maggior numero di esiti positivi e più ampie risorse raccolte. Un altro strumento per catalizzare la raccolta di risorse e la collaborazione di diversi gruppi di ricerca nell’ateneo sarà il lancio di sei grandi progetti strategici di ateneo su macrotemi di grande impatto sociale nell’arco del mandato, della taglia di un centro di ricerca, scelti da un tavolo di valutazione permanente sulla base di proposte da parte di gruppi di docenti e in collaborazione con altre organizzazioni.

4. Il ritorno virtuoso

Con le maggiori risorse saremo in grado di aumentare qualità e quantità dei risultati della ricerca, che è importante per la rilevanza dell’ateneo e per l’aumento della quota premiale dell’FFO basata sugli indici VQR, che ci consentirà di sostenere nel tempo i nostri obiettivi di reclutamento di qualità, per il personale docente, tecnico e amministrativo.

Le maggiori risorse ci consentiranno di aumentare il finanziamento di ateneo alla ricerca, utilizzando direttamente il prelievo di Ateneo sulla ricerca finanziata, e di mantenere in esercizio e rinnovare infrastrutture di ricerca e strumentazione, attraverso l’adozione di meccanismi di fatturazione interna che consentano di rendicontare nei progetti i costi dell’uso dei laboratori.

–> E ora ripetere dalla fase 1.


 

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Sfide: Internazionalizzazione di qualità

La riconoscibilità internazionale dell’Università di Pisa, della città della torre e della Toscana si traducono ancora poco in capacità di attrarre studenti internazionali con formazione adeguata ai nostri corsi.

Sono stati fatti importanti progressi negli ultimi anni, con il foundation course e altre iniziative di internazionalizzazione, ma sono ora necessarie azioni in grado di incidere in modo quantitativo sulla percentuale di studenti stranieri e sull’offerta internazionale.

Al momento abbiamo da 80 a 100 studenti nel foundation course, divisi su humanities track e science track, una laurea triennale in Management for business and economics e la nuova laurea in geologia in Uzbekistan, un anno di International program in humanities e 14 lauree magistrali in inglese, circa il 20% del totale.

Dobbiamo costruire percorsi di laurea triennale e magistrale in inglese, preceduti se necessario dal foundation course, in modo da sviluppare coorti di studenti internazionali con preparazione analoga ai nostri studenti tradizionali. Con il supporto corsi dedicati di lingua italiana agli studenti stranieri, potranno inoltre essere in grado anche di proseguire gli studi nei nostri altri corsi in italiano.

Dobbiamo inoltre prendere atto del fatto che una percentuale crescente di studenti italiani cerca una formazione internazionale in Italia, per prepararsi a un mondo del lavoro senza frontiere.

Potremmo quindi inserire nell’offerta altre tre lauree triennali in inglese, nelle aree umanistica, scientifica, e ingegneristica, per puntare ad avere sulle quattro lauree circa 500 matricole per anno, superando il 7% delle matricole totali.

In proposito, dobbiamo rivedere la politica di riconoscimento dei diplomi stranieri per consentire l’accesso ai corsi di studio triennali anche a quegli studenti che hanno un percorso più corto di quello italiano, ma che qualifica per l’accesso in atenei equiparabili al nostro nel loro paese di origine, nel rispetto della normativa nazionale vigente che è attualmente interpretata in senso più stringente dal nostro Ateneo.

Chi non ha i requisiti di accesso, potrà iscriversi a una delle triennali dopo aver frequentato il foundation year. Dobbiamo poi garantire la qualità in ingresso degli studenti internazionali tramite test internazionalmente riconosciuti, come ad esempio il SAT.

Le lauree triennali in inglese aumenteranno i potenziali studenti internazionali per le lauree magistrali dotati di una preparazione adeguata. Dovremo progressivamente aumentare l’offerta di insegnamenti in inglese e corsi di laurea magistrale in inglese, aumentando in modo particolare gli accordi bilaterali con altri Paesi e gli accordi con altri atenei per titoli doppi e congiunti, in quanto garantiscono un afflusso di studenti con formazione nota e adeguata, la nostra recente partecipazione all’alleanza europea Circle-U, i bandi Erasmus Mundus e altre occasioni di cooperazione internazionale.

Un’ampia offerta in inglese ci consentirà di aumentare la capacità del nostro ateneo di attrarre docenti internazionali, finora molto limitata, potendo consentire ai nuovi docenti che non parlano italiano di insegnare per i primi anni solo nei corsi in inglese (come del resto già avviene nelle maggiori università europee). Una faculty più internazionale è importante per essere presenti nelle mappe del mondo.

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Sfide: Aumentare l’attrattività di Medicina

I dati sono chiari: nonostante il numero programmato nazionale e l’accesso molto selettivo, l’attrattività di Medicina a Pisa è in calo da alcuni anni.

Possiamo renderci conto del problema guardando l’andamento nel tempo del punteggio minimo al test nazionale che ha consentito l’accesso alla laurea in Medicina a Pisa, normalizzato sul punteggio minimo per l’accesso alla laurea in Medicina in un insieme di grandi università (Milano, Bologna, Padova, Firenze, Pisa, Napoli).

Si vede bene che dal 2014 Pisa ha perso molto terreno rispetto a Bologna e Padova, e anche rispetto a Firenze. Controllare e governare questi parametri è importante, in un’ottica di lungo periodo, per esercitare azioni correttive.

Come recuperare attrattività per l’area di Medicina? Non ho tutte le risposte e sono aperto a suggerimenti, ma sono convinto che ci sia un problema di strategia e di riconoscibilità nazionale dell’Università di Pisa e dell’area Medica in particolare.

Quattro azioni subito:

  • Instaurare un confronto continuo con la Regione Toscana per l’area di
    medicina, per armonizzare le esigenze di un’università forte
    nella ricerca in area medica e nella formazione specialistica con le esigenze
    di assistenza sanitaria.
  • Far partire un percorso partecipato per definire il ruolo dell’Università di
    Pisa nella Medicina del futuro per arrivare a un position paper
    condiviso e esplicito. Ci obbligherà ad avere lo sguardo lungo e obiettivi
    alti, che informino gli investimenti futuri dell’Università e le nostre
    esigenze nel rapporto con Regione e Ministeri.
  • Stimolare e promuovere pubblicamente una maggiore integrazione e collaborazione con le altre discipline nella ricerca di base e translazionale (e.g. le tecnologie esponenziali).
  • Avviare il percorso verso il riconoscimento dell’Azienda Ospedaliera Universitaria come IRCCS (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico). Ma questo punto ha bisogno un post a parte.

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