Un nuovo Istituto di Innovazione e Formazione Continua

In Italia e in tutta Europa è in crescita la necessità di una formazione successiva ai tradizionali anni dell’Università: cambiano le tecnologie, le normative e le modalità organizzative.

Cambiano anche le abilità di cui una persona ha bisogno durante la carriera lavorativa, per il fatto di dover svolgere ruoli diversi. Se vuole conservare rilevanza nel Paese e nella società, l’Università deve prendersi in carico la formazione continua in modo strutturale e professionale.

Pisa è già impegnata con più di 70 master e molti corsi di perfezionamento e scuole estive, ma ci vuole una struttura organizzativa dedicata e robusta, in grado di assicurare qualità dei servizi e dell’offerta a fronte di numeri in forte crescita nei prossimi anni

Per questo motivo, nell’Università dobbiamo costituire un nuovo Istituto di Innovazione e Formazione Continua (LILI: Lifelong Innovation and Learning Institute) che offra una struttura organizzativa solida e un punto di accesso alla formazione professionale e continua (master, corsi di perfezionamento, scuole estive, microcredenziali), capace di seguire le esigenze di formazione delle persone in età lavorativa e le esigenze delle imprese e delle istituzioni.

Possiamo far partire L’Istituto già all’inizio del 2023 come struttura amministrativa e con un sito web che sia un punto di accesso dedicato, e successivamente trovare una sede fisica.

Potremo fare corsi in presenza e corsi nativi online, in questo caso sfruttando la capacità della formazione online di raggiungere chi lavora altrove e non si può spostare facilmente.

L’Istituto avrà anche un ruolo più generale come strumento di innovazione rivolto al mondo del lavoro e alle imprese, ma ne parlo in un altro post.

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La Biblioteca Universitaria Pisana

Ho posto la questione della Biblioteca Universitaria di Pisa venerdì scorso alla Nunziatina direttamente al Sindaco Michele Conti, nello spirito di una maggiore sinergia tra l’Università, la Città, e le istituzioni culturali e di ricerca locali, per un vero Sistema Pisa.

Ho detto che è fondamentale che Università e Comune lavorino in tandem proponendo soluzioni e sollecitando il Ministero dei Beni Culturali per trovare una collocazione dignitosa per la riapertura della Biblioteca Universitaria di Pisa, ormai chiusa dal 2012 (nonostante l’aggettivo “Universitaria” la biblioteca dipende dal Ministero dei Beni Culturali).

Sarebbe un esempio bellissimo di collaborazione con un obiettivo alto, dal punto di vista culturale e storico.

Né l’Università né Pisa devono tollerare la dispersione e la distruzione di un patrimonio culturale e storico di circa 600 mila volumi, tra cui volumi preziosi del sedicesimo secolo.

L’Università deve giocare a tutto campo nelle questioni culturali del territorio e del Paese. Chi altrimenti?

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Un Sistema Pisa

Il Tirreno riporta un resoconto dell’incontro pubblico di venerdì scorso alla Nunziatina, organizzato dal Tirreno stesso e a cui hanno partecipato il Sindaco Conti e l’Assessora regionale Nardini.

Il lavoro in coordinamento con la città, la Regione e le istituzioni universitarie e di ricerca locali è fondamentale, e ne dobbiamo essere i promotori.

Vedo due linee d’azione principali:

– Da un lato il lavoro in sinergia con la città, perché gli studenti presenti e potenziali studiano o considerano la possibilità di studiare “a Pisa”, considerando sia gli aspetti accademici sia gli aspetti di vivibilità generale della città.

– Dall’altro il sistema di ricerca Pisano: in questo caso dobbiamo farci promotori di un’associazione che coinvolga l’Università, le Scuole, l’area CNR, l’INFN, l’IIT e gli altri enti di ricerca, in modo da sostituire un numero eccessivo di accordi bilaterali con un numero minore di accordi e politiche multilaterali, che consentano di costruire insieme una strategia comune per la formazione e la ricerca, e un posizionamento internazionale comune. Idea semplice e di implementazione non facile, perché bisogna che tutte le istituzioni vedano il vantaggio di un coordinamento affinché partecipino. Ma insomma, non ci possiamo fermare alle cose facili.

link all’articolo de Il Tirreno [link]

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Sfide: Aumentare risorse e qualità della ricerca

In modo pragmatico, aumentare la qualità e la quantità dei risultati della ricerca all’Università di Pisa richiede un aumento di risorse per il personale, le attrezzature, le spese operative.

Bisogna essere franchi, solo una piccola parte di queste risorse si può estrarre dal fondo di finanziamento ordinario, che è in gran parte già impegnato per le spese correnti.

Dobbiamo quindi avere una struttura organizzativa più efficace nel raccogliere risorse economiche attraverso bandi competitivi su tutte le discipline, e accordi bilaterali con organizzazioni pubbliche e private.

Mi spiego prendendo come esempio il bando Consolidator dello European Research Council con scadenza a febbraio 2024, un bando che interessa tutte le discipline: con 10 mesi di anticipo rispetto alla scadenza facciamo la ricognizione dei potenziali candidati, per età e profilo scientifico, e li invitiamo a un breve corso in stile workshop sul bando e su come si definisce il concetto per la proposta.

Entro fine luglio 2023 i potenziali candidati effettivamente interessati mettono a punto il concetto di proposta e si impegnano a lavorare per preparare una proposta completa.

A questo punto formiamo una classe di proponenti, diciamo una trentina, che in parallelo saranno formati e accompagnati per alcuni mesi nella preparazione della proposta, con un corso-laboratorio, che mettiamo a punto usando consulenti esterni specializzati in questo tipo di proposte, e le professionalità interne tra i tecnologi, gli amministrativi e i docenti. I proponenti si confrontano sui meccanismi del bando, vengono seguiti sugli aspetti trasversali e organizzativi.

Risultato: arriviamo alla scadenza con 30 proposte di qualità per le quali l’Università di Pisa è host, un enorme aumento rispetto alle solite 3-4. Vedrete che di conseguenza aumenteranno anche le risorse che otterremo, perché il tasso di successo delle nostre proposte è circa nella media UE.

E poi usiamo lo stesso schema per i bandi trasversali sui temi di ricerca: tutti i bandi ERC, i bandi EIC e le iniziative Marie Curie.

È solo un esempio, per chiarire che per fare un salto di qualità nella ricerca dobbiamo costruire una struttura organizzativa adeguata e avere un’intenzione esplicita, a partire dalle risorse.

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Sfide: Aumentare l’attrattività dell’Università di Pisa

L’Università di Pisa è di fronte a una serie di sfide che richiedono un salto di qualità e molte innovazioni di governo. La prima sfida è aumentare l’attrattività nei confronti di studentesse e studenti.

Tra il 2011 e il 2021 gli iscritti al primo anno (le “matricole”) dell’Università di Pisa sono quasi invariati, mentre sono aumentati in molti grandi atenei nazionali e in generale nel sistema universitario nazionale. Quindi in 10 anni la quota di Pisa sul totale delle matricole nazionali è scesa del 12%. Per confronto, la quota di Padova sul totale delle matricole nazionali è invece salita di circa il 9%.

Questa è una criticità, perché una parte del fondo di finanziamento ordinario delle università – il cosiddetto FFO – viene distribuito in modo proporzionale al numero di studenti. Negli stressi 10 anni la quota di Pisa sul totale dell’FFO nazionale è diminuito del 3.5%, la quota di Padova è aumentata di quasi il 5%.

Non sono piccole variazioni: è importante vedere le tendenze di lungo periodo, per poter pianificare in modo strategico.

L’Università di Pisa è uno dei grandi atenei italiani, il nono su 97 per numero di studenti, ma si trova in una città medio-piccola. Per conservare il rilievo nazionale e internazionale, anche dal punto di vista della formazione, ha bisogno di attrarre studenti da tutto il paese, e possibilmente da tutto il mondo.

Guardate, la via è una sola: fare in modo che ragazze e ragazzi vogliano venire a studiare a Pisa perché trovano una formazione universitaria di alta qualità e una città accogliente.

C’è tanto lavoro da fare, con un senso di urgenza perché come si vede stiamo perdendo terreno. Quattro azioni da perseguire con energia:

? Puntare a un livello di formazione di alta qualità come marchio caratteristico

? Rivisitare l’offerta formativa dove serve per sintonizzarla meglio con il mondo del lavoro e la società

? Elevare la qualità dell’organizzazione e della comunicazione che riguarda gli studenti

? Lavorare insieme alla città per rendere Pisa più accogliente per studenti e studiosi.

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Pasteur’s Quadrant

I often say that the distinction between basic and applied research is a cold war concept, with reference to the first public moment in which this division was formalized, the “Science, The Endless Frontier” report by Vannevar Bush to president Truman, inspiring the creation of the NSF in the USA.

I am most attached to the concept of Pasteur’s quadrant, a type of research that aims to the understanding of the deep nature of the world and is inspired to the possible use of such knowledge.

It is a concept that we can easily grasp if we divide the research space in four quadrants, naming them with representative scientists, as in the figure taken from Donald Stokes’ book. Pasteur’s quadrant is different from Bohr’s quadrant (research aimed at fundamental understanding without consideration for use) and from Edison’s quadrant (research aimed at use and technology that does broaden our fundamental understanding of the world.

When we talk about basic and applied research with old categories we automatically fall into Bohr’s and Edison’s quadrants.

Also, public research policies tend to slip into Bohr’s or Edison’s quadrants, but I think that the key to prosperity and wellbeing is Pasteur. An effort has to be made, at least in the public debate and in the identification of key themes and sectors.

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Il quadrante di Pasteur

Dico spesso che la divisione tra ricerca di base e ricerca applicata è un concetto da guerra fredda, riferendomi al primo momento pubblico in cui questa divisione fu formalizzata, il rapporto “Science, The Endless Frontier,” di Vannevar Bush al presidente Truman, che ispirò la creazione della National Science Foundation negli USA.

Il concetto a cui sono invece più legato è quello del quadrante di Pasteur, un tipo di ricerca che punta alla comprensione della natura profonda del mondo ed è ispirata ai possibili impieghi della conoscenza.

È un concetto che si capisce bene se dividiamo lo spazio della ricerca in 4 quadranti, dando loro il nome scienziati rappresentativi della categoria, come nella figura qua sopra del libro di Donald Stokes. Il quadrante di Pasteur è distinto dal quadrante di Bohr, la ricerca mirata alla comprensione fondamentale ma senza considerazione per l’uso finale, e dal quadrante di Edison, la ricerca mirata all’uso e alla tecnologia che non tende ad ampliare la comprensione fondamentale del mondo.

Quando si parla di ricerca di base e applicata con vecchie categorie si ricade di riflesso nei quadranti di Bohr e Edison.

Anche nelle politiche pubbliche sulla ricerca si tende a scivolare nel quadrante di Bohr o di Edison, ma credo che la chiave per la prosperità e il benessere sia Pasteur. Uno sforzo va fatto, almeno nel dibattito pubblico e nell’identificazione di temi e settori chiave.

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The problems with semiconductors

In graduate engineering lectures, we mainly focus on the technical, physical, and system-level aspects of the different issues, rarely broadening the view to the global economic or industrial scenario.

But in recent times semiconductors (and the geopolitics of semiconductors) are often in the News, so I decided to dedicate to the topic some time in class last week.

This is a surprising graph: it is the 2020 production of chips (in total area of silicon dies [1]) subdivided by country or geographic area of fab location e type of technology. Technology is expressed as a number of nanometers, which indicate an equivalent scale factor [2].

Today, the most advanced available technology is the “5 nanometers” (5 nm), available only in Taiwan (TSMC) and in South Korea (Samsung), maybe soon in the US (Intel). In the graph, it is indicated in red (“< 10 nm”): it is the technology required for advanced processors for smartphones (Apple, Qualcomm), laptops, game consoles (Sony, Microsoft), advanced graphics (Nvidia). Europe, China, and the USA do not have this technology and must buy from Taiwan and Korea. The US is trying to be back in the game and to keep China out. European countries are only hoping that a big company from abroad builds a fab.

For this technology, there is a global production scarcity, as everybody trying to buy a PS5 PlayStation in the last year has noticed. Why: a single fab has a cost of 1-20 B$, years to have it in operation, with great risks associated to technology, infrastructures, and market.

The technology used of chips in cars and advanced mechanical equipment is mostly from 40 nanometers and up, a set of technologies introduced between 10 and 20 years ago. They are the orange and blue bars in the graph. They are relevant in Europe and in the whole world, because they require smaller CAPEX (< 1 B$) and are old, and because the main customers (the Auto and Mechanics Industry) are in Europe.

Also chips fabricated with these mature technologies are scarce: we all have read the news of carmakers that have reduced car production because chips are not available. How is it possible? Because too many are increasing inventory, I am afraid, in order not to find themselves without chips the next time. Basically, the same mechanisms according to which toilet paper disappeared from supermarkets at the beginning of the pandemic. It is not a structural scarcity, just a panic moment, we need to wait that the inventory is full.

I do not want to add anymore because the post is already too long, but there is a lot more. The semiconductor sector is hot from the scientific point of view, from the technological point of view, and from the points of view of economics and politics.

As usual, the feeling is that TV and politics use slogans and do not have a clear picture of the issues (and I fall again in Gell-Mann amnesia [3]).

[1] The unit of measure of the plot is a wafer – a thin silicon pizza – with a diameter of 200 mm on which hundred or thousands of chips are fabricated.

[2] Up to 15 years ago the name of the technology node used to indicate the main transistor length (the gate length), but now is only a scale factor: the number of transistors per centimeter squared of silicon is inversely proportional to the scale factor (therefore, for example, the “10 nm” technology contains four times the number of transistor per square cm than the “20 nm” technology).

[3] https://iannak1.medium.com/i-have-crichton-amnesia-e31bf3b75326

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I problemi con i semiconduttori

Nei corsi a Ingegneria ci concentriamo per lo più sugli aspetti tecnici, fisici e sistemistici delle questioni, raramente allargando lo sguardo al panorama economico o industriale globale. Ma negli ultimi tempi si parla così tanto di semiconduttori e di geopolitica dei semiconduttori sulla stampa, che ho deciso di parlarne anche un po’ in classe la settimana scorsa.

Questo è un grafico che lascia sorpresi: è la produzione 2020 di chip (in superficie totale di tasselli di silicio [1]) suddivisa per paese o area geografica di localizzazione della fabbrica (la fab) e tipo di tecnologica. La tecnologia si esprime con un numero in nanometri, che indica un fattore di scala equivalente [2].

Oggi, la tecnologia più avanzata in produzione è la 5 nanometri (nm), disponibile solo a Taiwan (TSMC) e in Corea del Sud (Samsung), forse a brevissimo in USA (Intel). Nel grafico è indicata in rosso (“< 10 nm”): è la tecnologia che è ormai necessaria per i processori avanzati per smartphone (Apple, Qualcomm, etc.), per portatili, per console giochi (Sony, Microsoft), per schede video (Nvidia). Europa, Cina, e Stati Uniti sono fuori da questa tecnologia. Tutti comprano da Taiwan e Corea. Gli Stati Uniti (Intel) stanno provando a rientrare in gioco e stanno cercando di tenere lontana la Cina. I paesi europei sperano solo che qualcuno venga a costruire una fabbrica da fuori.

Su questa tecnologia c’è carenza di capacità produttiva su scala mondiale, come ha notato chiunque abbia cercato di comprare una playstation PS5 nell’ultimo anno. Perché: una singola fab costa 15-20 miliardi di dollari, e ci vogliono anni per metterla in funzione, con grandi rischi legati alla tecnologia, alle infrastrutture di contorno e al mercato.

La tecnologia usata per i chip delle auto e delle macchine utensili avanzate è quella dai 40 nanometri (nm) in su, un insieme di tecnologie con un’anzianità di 10 – 20 anni. Sono le barre in arancione e in blu sul grafico. Sono presenti in modo rilevante in Europa e in tutto il mondo, perché si tratta di investimenti molto più piccoli (meno di 1 miliardo per fabbrica) e vecchi, e perché i clienti principali (settore auto e meccanica) sono in Europa.

Anche i chip realizzati con queste tecnologie mature scarseggiano ormai: tutti abbiamo letto sui giornali di case automobilistiche che hanno ridotto la produzione di auto perché non trovavano i chip. Ma come è possibile? Perché in troppi stanno facendo scorta, temo, per non ritrovarsi senza in una prossima eventualità, come quando durante la pandemia era sparita la carta igienica dai supermercati. Non è una carenza strutturale, è solo il momento di panico, bisogna aspettare che i magazzini siano pieni.

Non aggiungo altro perché il post è già troppo lungo, ma c’è molto di più. Il settore dei semiconduttori è in ebollizione sia dal punto di vista scientifico, sia dal punto di vista tecnologico, sia dai punti di vista economico e politico.

Ma come al solito, la sensazione è che la TV e la politica vadano per slogan e non abbiano neanche presente i termini della questione (e io casco per l’ennesima volta nell’amnesia di Gell-Mann [3]).

[1] l’unità di misura usata in figura è un wafer – una sottile pizza di silicio – di 200 mm di diametro su cui vengono realizzati centinaia o migliaia di chip.

[2] fino a 15 anni fa il nome del nodo tecnologico indicava la lunghezza principale di transistore, oggi è soltanto un fattore di scala: il numero di transistor per centimetro quadro di silicio è proporzionale all’inverso del quadrato del fattore di scala (quindi per esempio la tecnologia 10 nm contiene il quadruplo dei transistor per centimetro quadro della tecnologia 20 nm).

[3] https://iannak1.medium.com/i-have-crichton-amnesia-e31bf3b75326

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Dieci punti per l’Università di Pisa

Giuseppe Iannaccone, per UNIPI 2022

Non un programma, ma 10 punti, 10 temi della mia candidatura, messi a fuoco a seguito dei numerosi incontri che abbiamo avuto nei mesi scorsi, in piccoli gruppi o in due (qui in PDF)

  1. Il modello: una grande università di ricerca con forte radicamento territoriale
  2. Interesse attivo in tutta l’istruzione terziaria
  3. Un’esperienza che trasforma, una relazione per tutta la vita
  4. Aumentare l’attrattività dell’offerta di lauree magistrali
  5. Una Scuola di Impresa e Innovazione
  6. Avvicinamento sociale, potenziamento digitale
  7. Organizzazione e governo orientati all’efficacia operativa
  8. Più attenzione al reclutamento e alla crescita del personale
  9. Potenziare ricerca e didattica in medicina nel rapporto con l’AOUP
  10. Raccogliere le risorse per competere davvero nella ricerca

1. Il modello: una grande università di ricerca con forte radicamento territoriale

Il modello necessario per l’Università di Pisa è la grande università di ricerca con forte radicamento territoriale. È il modello delle grandi università dell’Europa continentale, per dimensione e prestigio: LMU Monaco, Amsterdam, Leiden, KU Leuven, La Sorbona, Lund, Milano, Bologna, Padova. L’Università di Pisa ha la tradizione, la dimensione e la forza per crescere in questo modello. Deve averne la volontà e l’ambizione.

L’università di ricerca, o più precisamente l’università ad alta intensità di ricerca, rappresenta un modello classico: offre istruzione superiore di alta qualità in un ambiente dove si svolge ricerca rilevante sul piano internazionale, ha un impatto sulla crescita economica e sociale del Paese grazie all’elevata competenza tecnica e operativa sviluppata nello svolgimento di ricerca alla frontiera della conoscenza.

Il forte radicamento territoriale richiede che l’università sia anche – per il territorio di riferimento – l’attore dominante e inclusivo di istruzione universitaria e di alcuni servizi specialistici, nonché un motore di innovazione tecnologica e di iniziative culturali. 

Per l’Università di Pisa il modello di grande università di ricerca con forte radicamento nel territorio è una priorità strategica. Il prestigio e la dimensione stessa della nostra Università non si giustificano nel tempo con la tradizione storica o la posizione geografica, ma con la presenza nelle mappe del mondo per la qualità e il volume della formazione e della ricerca

Allo stesso tempo, nel suo territorio di riferimento, l’Università ha la responsabilità del servizio di istruzione universitaria, di formazione permanente e di supporto all’innovazione, e condivide con la Regione Toscana la responsabilità dell’assistenza medica.

L’adesione a questo modello richiede una nuova stagione, un salto di qualità e una serie di innovazioni di governo per i prossimi anni:

  1. Una squadra di governo valorizzata in quanto collettivo, capace di coprire tutte le aree con competenza e in modo davvero integrato, e che consenta al rettore di rappresentare efficacemente l’ateneo.
  2. Politiche di governo guidate – per le tre missioni dell’università – da obiettivi chiari, espliciti e verificabili.
  3. Un’ampia offerta didattica che tenga conto di molteplici esigenze: il servizio e l’inclusione richiesti dal territorio e dal Paese, l’attrazione di studenti nazionali e internazionali, la formazione continua.
  4. Un’organizzazione e un insieme di azioni tese a raccogliere le risorse economiche necessarie a una università di ricerca forte in tutti i settori. Tali risorse devono crescere nel bilancio di esercizio puntando nei prossimi anni al programma quadro Horizon Europe e al PNRR.
  5. Un piano di formazione e di incentivi che favorisca la crescita del personale tecnico/amministrativo e del personale docente.
  6. Un confronto continuo con la Regione Toscana per armonizzare le esigenze di un’università di ricerca con l’impatto sul territorio, dall’assistenza sanitaria a tutti gli ambiti inclusi nel PNRR.
  7. Il coinvolgimento costante degli interlocutori territoriali, nazionali ed europei, per le diverse proiezioni della nostra università.
  8. Un maggiore protagonismo dell’Università in iniziative culturali, sociali, scientifiche, economiche che coinvolgano la società a tutti i livelli.
  9. Una comunicazione continua e instancabile delle attività di formazione, ricerca e innovazione, e del modello stesso, all’interno e all’esterno dell’ateneo.

2. Interesse attivo in tutta l’istruzione terziaria

L’istruzione terziaria è in trasformazione in tutto il mondo, in tre direzioni principali:

  • C’è una crescente mobilità degli studenti dalla laurea triennale alla laurea magistrale, sia internazionale, sia inter-ateneo, sia tra diverse classi di laurea.
  • Percorsi alternativi alle lauree triennale e magistrale stanno acquisendo un peso crescente. È sempre più diffusa l’esigenza di formazione al di fuori del tradizionale periodo degli studi universitari, distribuita negli anni di carriera lavorativa, attraverso master, corsi di perfezionamento, corsi per micro-credenziali. 
  • In modo particolare nel nostro Paese, è vivo il dibattito su come far fronte all’esigenza di elevare il livello medio di formazione aumentando il numero di laureati con formazione di tre anni, ad esempio attraverso corsi di laurea triennali con chiaro sbocco professionale o corsi di laurea professionalizzanti, o aumentando il numero di diplomati biennali degli istituti tecnici superiori.

L’Università di Pisa deve partecipare in modo attivo a questi processi considerando come interesse primario tutta la formazione terziaria. È necessario scegliere come meglio impiegare le risorse attuali per aumentare il peso relativo del nostro ateneo in un settore che attirerà risorse crescenti. 

Anche per questo motivo, è fondamentale che l’offerta didattica sia di alta qualità, di impatto e sia diversificata per obiettivi, platea degli studenti, strumenti.

3. Un’esperienza che trasforma, una relazione per tutta la vita

L’esperienza dello studente universitario è ben più che lezioni, studio ed esami. È un periodo di grande maturazione sociale, psicologica e intellettuale: lo studente inizia a vedere le proprie potenzialità e i percorsi di vita e di lavoro che potrebbe seguire; sceglie l’adulto che vuole essere; forma legami; stabilisce i propri punti di riferimento intellettuali, sociali, professionali e talvolta anche politici ed etici. Dobbiamo valorizzare questi aspetti fondamentali dell’università e della vita universitaria in presenza. 

Abbiamo pertanto bisogno di un’università che si ponga come esempio nell’attenzione a questioni fondamentali quali la sostenibilità, le pari opportunità, la libertà di opinione e di espressione, la qualità dell’informazione, la sicurezza. 

Dobbiamo inoltre fare in modo che l’Università di Pisa sia il primo punto di riferimento per le scelte di formazione degli ex-studenti successive al primo corso di studio, e per i consigli che i nostri ex-studenti potranno offrire nei loro ambienti familiari, lavorativi e sociali. Potremo farlo attraverso una rete efficiente e guidata dall’Ateneo che coinvolga e mantenga le relazioni con gli ex-studenti, e che sia uno strumento di supporto alle politiche dell’ateneo. 

4. Aumentare l’attrattività dell’offerta di lauree magistrali

La mobilità degli studenti tra laurea triennale e magistrale è in crescita da tempo, e tale crescita è stata accelerata dalla pandemia. È pertanto fondamentale separare l’offerta, la presentazione e l’orientamento dei corsi di laurea magistrali da quelli triennali, con esplicita attenzione ai laureati triennali sia degli altri atenei sia di Pisa. 

L’offerta dei corsi di laurea magistrali è più attrattiva, sul piano nazionale e internazionale, se è coordinata con l’attività di ricerca e con le attività di job placement (elemento importante nella scelta della laurea magistrale) e se è oggetto di una comunicazione dedicata e ben fatta. Alcuni corsi di laurea magistrale sono più attrattivi in inglese, salvaguardandone qualità e sostenibilità.

5. Una Scuola di Impresa e Innovazione

Iniziative come i master e i corsi di perfezionamento sono portate avanti con dedizione ed entusiasmo da piccoli gruppi docenti, mentre il cambiamento di scenario in corso richiede un più strutturato supporto organizzativo, in grado di presentare all’esterno un’offerta di Ateneo più forte e attrattiva.

Abbiamo quindi bisogno di una Scuola di Impresa e Innovazione, una struttura dell’ Ateneo capace di gestire in modo più efficace tutte le iniziative di formazione diverse da lauree triennali, lauree magistrali e dottorati di ricerca, offrendo un punto di ingresso unico alla formazione professionale e continua, capace di seguire le esigenze di formazione delle persone in età lavorativa e le esigenze delle imprese e delle istituzioni. Tale struttura deve essere in grado di offrire in modo professionale e su ampia scala i servizi associati alla formazione continua.

6. Avvicinamento sociale, potenziamento digitale

Il distanziamento sociale necessario per la pandemia rischia di alterare la percezione del ruolo di avvicinamento sociale che l’università ha avuto nel tempo e delle potenzialità delle tecnologie digitali.

Tornare in presenza appena possibile è indispensabile, non solo per intensificare contatto tra docenti e studenti, ma soprattutto per favorire le interazioni tra gli studenti stessi, perché il confronto tra pari, l’emulazione e il supporto reciproco sono fondamentali per l’apprendimento.

Come organizzazione, dobbiamo imparare a usare gli strumenti digitali nella didattica, non solo per consentire di seguire da casa la tradizionale lezione in tempi di pandemia, ma per potenziare, migliorare e integrare la didattica in presenza. Inoltre dobbiamo sperimentare alcuni corsi di studio e di formazione permanente esclusivamente a distanza per raggiungere ulteriori platee di studenti.

7. Organizzazione e governo orientati all’efficacia operativa

Dobbiamo avere una macchina organizzativa con struttura, posizioni e funzioni chiare, ben differenziate e finalizzate a garantire l’efficacia operativa. A tal fine abbiamo bisogno di una gestione del lavoro basata su obiettivi misurabili in termini di risultati esterni e che usi gli strumenti digitali per migliorare qualità e visibilità dei processi. Dobbiamo definire regolamenti e obiettivi coinvolgendo chi deve farsi carico dei servizi e dei processi interessati. Abbiamo bisogno di una visione organica e di una cultura del servizio e del risultato

Infine dobbiamo avere una squadra di governo formata da persone davvero operative, competenti ed efficaci in prima persona nelle tre missioni dell’ateneo, che funzioni come una vera squadra e non un insieme di delegati, permettendo al rettore di rappresentare efficacemente l’ateneo all’esterno.

8. Più attenzione al reclutamento e alla crescita del personale

Il reclutamento del personale docente, tecnico e amministrativo è il processo più critico. Dobbiamo attribuire le risorse, definire il profilo professionale di ogni posizione e procedere al reclutamento in modo coerente alle ambizioni, agli obiettivi e alle esigenze di efficacia operativa del modello di università che abbiamo descritto. 

L’attenzione alla crescita del personale richiede la preparazione di un’offerta di percorsi di formazione anche peer-to-peer (sia per il personale tecnico-amministrativo sia per il personale docente) e una gestione del personale che includa occasioni di crescita e un sistema di incentivi orientati a promuovere la qualità e i risultati. 

Un insieme chiaro e trasparente di criteri per il reclutamento, la crescita e gli incentivi è fondamentale per la serenità delle relazioni interne e il benessere del personale docente e tecnico/amministrativo.

9. Potenziare ricerca e didattica in medicina nel rapporto con l’AOUP

Abbiamo accennato sopra alla necessità di un confronto continuo con la Regione Toscana per valorizzare la componente universitaria dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana. Riteniamo che sia quindi necessario bilanciare le esigenze del servizio di assistenza sanitaria, con l’esigenza primaria dell’Università di avere un’area medica forte nella ricerca, nella didattica, e negli altri aspetti della terza missione. A questo fine sarà fondamentale cogliere le occasioni del PNRR nell’area medica, facendo rete con i molti attori locali, e curare attentamente gli spazi per le attività accademiche nel progresso del piano edilizio del nuovo Santa Chiara.

10. Raccogliere le risorse per competere davvero nella ricerca

L’apertura al confronto internazionale nella ricerca richiede anche la capacità di raccogliere e usare bene ingenti risorse economiche. Gli strumenti ora più promettenti sono il programma Horizon Europe della Commissione Europea e il PNRR. Ad essi si aggiungono vari programmi nazionali e regionali, e le collaborazioni con il tessuto economico.Usare al meglio questi strumenti richiede una gestione moderna della ricerca come una cosa diversa dalla somma di tanti distinti progetti di ricerca e trasferimento tecnologico. Tale gestione deve coinvolgere i laboratori condivisi, la strumentazione avanzata, il personale di ricerca e gli aspetti amministrativi. Richiede formazione specifica e incentivi chiari per il personale docente, tecnico e amministrativo. Richiede infine un impegno diretto della squadra di governo per definire priorità strategiche condivise e per rappresentare ai massimi livelli l’università con interlocutori pubblici e privati.

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